UN CAPOLAVORO
Le musiche di questo disco sono la colonna sonora originale di uno dei più sfortunati film del maestro americano Francis Ford Coppola, che usci nel 1982 anche in Italia con il titolo “Un Sogno lungo Un Giorno”.
Non sono scritte da uno qualsiasi: Tom Waits non lo era allora come non lo è affatto oggi.Non lo è soprattutto come interprete: la sua voce roca e profonda offre un’ impronta determinante alle molte delle arie swing e blues presenti nel disco, donando loro spessore artistico e originali connotati sonori.
L’atmosfera che la testina estrae dai solchi del disco è ambrata, calda, umida, a tratti melanconica, come se la sfavillante Las Vegas, città dove si svolgono gli eventi del film, fosse ai tropici invece di stare nel bel mezzo di un deserto arido.
Per dirla altrimenti, è una colonna sonora al cui interno “Boogie” di Paolo Conte non avrebbe stonato. Anzi, avrebbe trionfato!
I toni limpidi ed acuti di Crystal Gayle fanno da contr’ altare ai registri bassi e graffianti, sebbene, per l’occasione, un po’ edulcorati, di un Tom Waits ingentilito.
Durante il susseguirsi dei brani le due voci, da sole o assieme, si prendendo autorevolmente il centro del soundstage. La registrazione le restituisce in modo nitido, fluido e carnoso, assegnando loro uno spazio ben definito leggermente più ampio degli strumenti di contorno perché, ovviamente, sono loro a dover far da protagoniste .
L’ accompagnamento strumentale si dispone di lato e in profondità, anche dietro le due voci, circondandole, creando una interessante ed accurata sensazione ambientale.
Il clima dei brani cantati dalla Gayle, quasi fosse Jennifer Warnes di Famous Blue Raincoat, impronta in modo sostanziale l’atmosfera generale del disco rendendola molto romantica, a tratti languida.
La registrazione, più “macchiaiola” che iper-realistica, si ascolta volentieri e facilmente per il modo garbato, molto analogico, di porgere i suoi contenuti sonori e per la rappresentazione del palcoscenico sonoro, piuttosto per le modalità di restituzione delle dinamiche.
Poi ci sono alcune chicche per audiofili puri e una per quelli duri, oltre che puri.
Segnalo:
- “The Wages of Love”: duetto Waits- Gayle, sostenuto da contrabbasso, tromba e altri. Sonorità calde e liquide in un convincente contesto spaziale;
- “Old Boy Friend”: Crystal Gayle al centro del sound stage, tangibile, canta con voce a tratti rotta, accompagnata mirabilmente da una chitarra semiacustica dal retro del soundstage, il tutto condito da una bella sensazione di spazio attorno a creare un’atmosfera molto suggestiva.
- “Overture” : il disco apre con un pianista che suona l’aria madre del disco. Ad un certo punto ci si immagina uno spettatore lanciargli, con indice e pollice “a molla”, una moneta d’argento.
Questa tocca terra, rotola, trilla e si ferma in un carosello di armoniche superiori.
E’ il più bel suono di moneta d’argento lanciata che mi venga in mente !
Ma c’è di più.
Questa moneta dà l’idea della “ bassezza” della scena sonora, ovvero di quanto la scena sonora debba essere piantata a terra o non vagare nebulosa per aria antistante il punto d’ascolto.
Siamo soliti fare attenzione all’altezza della scena sonora. Un cantante alto mezzo metro ci disturba. Ci appaga la mente sentire che la voce proviene da un punto dello spazio plausibile, equiparabile con l’altezza di un essere umano.
Per carità, ciò è corretto. Ma se questo viene ottenuto facendo slittare tutta l’immagine verso il soffitto, ecco che ciò non va più bene. E’ sempre un’immagine carente in altezza…., ma verso il basso.
Nella musica sinfonica è, ad esempio, importante avere la sensazione che gli archi stiano ben piantati a terra, sul palcoscenico, non svolazzanti sopra. Non è un fatto che riguarda il solo concetto di immagine sonora! L’immagine sonora è lo specchio della coerenza di fase e di altre componenti sonore . Se hai un soundstage che aleggia fra i tweeters , probabilmente il tuo suono non avrà il corretto impatto dinamico e ci sarà anche qualcosa nel tono che non convince.
La moneta d’argento di “ One From The Heart”…. cade a terra, ed è a terra che deve cadere, centrale, dietro la linea che congiunge i diffusori ad un paio di metri (virtuali) dall’ascoltatore, non all’altezza dei midrange o più in su.
Ah: deve essere grande come una grossa moneta d’argento, non come una pentola. Toccando terra, deve quasi esplodere, non “avvizzire”.
Può, l’homo audiofilus, essere tentato d’ acquistare un disco come questo, oltre per la musica di Tom Waits, per utilizzarlo come piacevole banco di prova di aspetti del proprio suono e per sconvolgere suocere curiose ed amici ignari per le feste comandate?
Buone note.
Italo Adami
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